La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha affrontato il tema delle conseguenze dell’omessa registrazione del contratto di locazione.
La controversia trae origine dall’azione instaurata da una signora che, nel 2007, aveva stipulato un contratto ad uso non abitativo, la cui controparte non aveva mai corrisposto il canone di locazione pattuito.
Nel caso che occupa, il Tribunale di Ravenna aveva stabilito che il locatore era legittimato a chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno da illegittima occupazione. Detta decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello di Bologna, che aderendo alla tesi secondo la quale il contratto di locazione non registrato sarebbe valido ma inefficace, in quanto la registrazione rappresenterebbe una condicio iuris di efficacia del contratto la cui assenza non è idonea a inficiare il contratto in termini di validità, osservava che l’inefficacia del contratto non esime l’occupante dall’obbligo di pagamento del canone pattuito, “come corrispettivo della detenzione intrinsecamente irripetibile”.
La soccombente sia in primo che in secondo grado proponeva, quindi, ricorso per cassazione, deducendo in particolare la nullità del contratto di locazione, perché mai registrato ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. 30.12.2004 n. 311 e l’inesistenza dello stesso dato il mancato accordo tra le parti.
La Suprema Corte, con la pronuncia che occupa, ha stabilito che il dato normativo prescrive chiaramente la sanzione della nullità per il contratto stipulato e non registrato e, pertanto, che il locatore è tenuto alla restituzione di tutti i canoni versati dal locatario in forza di un titolo invalido.
La Suprema Corte, con la pronuncia in esame, ha poi analizzato le conseguenze della nullità del contratto rispetto alle prestazioni già eseguite dal conduttore, evidenziando il principio di diritto generale secondo il quale “il contratto nullo in nessun caso può produrre effetti” e precisando che in tema di locazione nessuna norma dà rilievo ad un rapporto di fatto.
Pertanto un contratto di locazione nullo non comporta automaticamente l’indennizzo del locatore per il mancato godimento del bene occupato dal conduttore, ma è onere del locatore chiedere e provare il danno da lui patito o l’ingiustificato arricchimento da parte del conduttore. Il danno, in difetto di prova, non può essere liquidato nella misura pari al canone annuo originariamente pattuito con un contratto non registrato.
Oltre all’argomento letterale, la Corte di Cassazione ha fatto leva altresì su un’argomentazione di ordine sistematico.
Invero, a sostegno di tale conclusione, i Giudici hanno richiamato la sentenza n. 420 del 5 dicembre 2007 della Corte Costituzionale, che ha affermato che l’art. 1 co. comma 346 della Legge n. 311/2004 ha elevato "la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ."
I giudici di legittimità hanno infine sancito che la prestazione compiuta in esecuzione di un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c. e non dall’art. 1458 c.c., come affermato erroneamente dalla Corte d’Appello di Bologna; l’eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., o al pagamento dell’ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c..
In conclusione, la sentenza in commento rappresenta un intervento ermeneutico in armonia con l’obiettivo del legislatore di sanzionare ogni attività contrattuale che si riveli elusiva degli obblighi tributari e contrastante con i principi di ordine pubblico economico.
Avv. Francesca Mannai
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