LA VICENDA
L’ordinanza interlocutoria in esame riguarda una compravendita immobiliare in presenza di irregolarità urbanistica.
Nello specifico l’attore chiedeva di accertare la proprietà di una serie di beni, su cui gravavano irregolarità urbanistiche, intestati fittiziamente a familiari e da questi ultimi alienati pur in presenza di tali irregolarità. I giudizi di merito confermavano, nonostante le difformità urbanistiche accertate, il mancato accoglimento della declaratoria di nullità dei negozi traslativi degli immobili in esame.
La II sezione civile della Corte di Cassazione ha ritenuto di dover rimettere gli atti al Primo Presidente, per un eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, per verificare la questione del corretto inquadramento della natura della nullità degli atti negoziali di trasferimento di immobili irregolari sotto il profilo della legge urbanistica.
LA NORMATIVA
La II sezione civile della Corte di Cassazione nell’enucleare le ragioni per le quali ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore delle Sezione Unite, prende le mosse dalla normativa in materia di atti relativi a costruzioni abusive, svolgendo un tanto necessario quanto approfondito excursus sull’evoluzione di quest’ultima.
La prima disciplina è quella introdotta dalla legge n. 10 del 1977 (c.d. legge Bucalossi). Nel testo normativo veniva comminata una nullità relativa degli atti aventi a oggetto immobili realizzati in assenza di concessione, laddove l’acquirente non fosse a conoscenza di tale irregolarità. L’art. 15 della legge n. 10 del 1977 stabiliva, infatti, che «gli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione sono nulli ove da essi non risulti che l’acquirente era a conoscenza della mancanza della concessione». In tal modo, tramite la previsione della nullità relativa citata, l’ordinamento mirava a tutelare la posizione dell’acquirente.
Tale quadro normativo veniva poi modificato dalla legge n. 47 del 1985, la quale prevedeva la nullità non di qualunque atto negoziale, ma dei soli atti inter vivos di trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali su immobili, che risultino privi della dichiarazione dell’alienante circa gli estremi della concessione ad edificare (art. 17) o del condono edilizio o della domanda di condono edilizio con gli estremi dei prescritti versamenti (art. 40). Appare netto, in tal modo, il passaggio da un regime di nullità relativa, la cui ratio era una maggior tutela dell’acquirente, ad un regime di nullità assoluta – comportante rilevabilità d’ufficio e deducibilità da chiunque vi abbia interesse – posto a tutela dell’interesse pubblico di lotta all’abusivismo.
L’attuale disciplina, oggi contenuta nel d.p.r. n. 380 del 2001, mira da una parte a contrastare l’abusivismo edilizio e dall’altra parte a tutelare l’acquirente di immobile difforme dal titolo concessorio. Il bilanciamento di queste esigenze tra loro contrapposte viene perseguito in primis restringendo il novero dei negozi passibili di nullità e, in secundis, contemplando il rimedio della conferma dell’atto nullo.
IL NOSTRO COMMENTO
La questione giuridica che ha portato i Giudici della II sezione civile della Corte di Cassazione a rimettere gli atti al Primo Presidente, per un’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, passa attraverso una sostanziale disamina delle leggi in materia urbanistica, in particolare, da ultimo il d.p.r. n. 380 del 2001, meglio noto come “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.
In particolare, l’art. 46 del d.p.r. n. 380 del 2001, rubricato “Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985”, ha portato la giurisprudenza a dividersi sul modo di intendere la fattispecie di nullità per irregolarità urbanistica.
Un orientamento più risalente, basato su un’interpretazione letterale della norma de quo, ritiene la nullità prescritta di tipo formale, in quanto oggetto di sanzione sarebbe la mancata indicazione, nell’atto di alienazione, degli estremi della concessione ad edificare, non anche la conformità o meno dell’opera rispetto al relativo titolo abilitativo. Questa ricostruzione porterebbe alla nullità del contratto che, pur avendo ad oggetto un immobile perfetto dal punto di vista della normativa urbanistica, risulti sprovvisto delle dichiarazioni prescritte da quest’ultima.
In tempi più recenti, la II sezione della Corte di Cassazione (Cass. n. 23591/2013, Cass. n. 28194/2013) ha prospettato una lettura meno letterale della normativa in esame, da cui discenderebbe la sussistenza di due ipotesi di nullità: la prima, di carattere sostanziale, colpirebbe “gli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica”; la seconda, di carattere formale, colpirebbe “gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi”.
Alla luce di quanto fin ora esposto e al fine di operare un corretto bilanciamento tra l’interesse pubblico al contrasto all’abusivismo e l’esigenza di non paralizzare il commercio giuridico degli immobili, appare, dunque, evidente la necessità di un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite. Optare per la nullità formale consentirebbe, senza dubbio, di perseguire l’interesse del contrasto all’abusivismo; al contrario, propendere per la tesi della nullità di tipo sostanziale garantirebbe una tutela forte per l’acquirente di un immobile difforme dal titolo concessorio. Dott. Marco Piso