Corte di Cassazione - Sez. III Civile - Sentenza del 9 Gennaio - 17 febbraio 2017 n. 4208

Corte di Cassazione - Sez. III Civile - Sentenza del 9 Gennaio - 17 febbraio 2017 n. 4208

Articolo pubblicato il: 31 Maggio 2024 ore 13:01

LA SENTENZA

Corte di Cassazione - Sez. III Civile - Sentenza del 9 Gennaio - 17 febbraio 2017 n. 4208 Presidente Spirito - Relatore Scoditti - Pm - conforme - Pepe

Danno iure proprio dei congiunti – Riduzione del risarcimento – Applicazione del principio di causalità di cui all’articolo 1227 c.c.

Sentenza del: 17 Febbraio 2017

IL NOSTRO COMMENTO

La sentenza in epigrafe trae origine da un sinistro stradale con esito mortale. Gli attori, coniuge e figlio della vittima, convenivano innanzi al Tribunale di Ragusa il conducente della vettura e la compagnia assicuratrice, per sentirli condannare ex art. 2054 c.c. al risarcimento del danno patito iure proprio e iure hereditatis.

            Il Tribunale adito, accertata la responsabilità del convenuto nella misura del 60%, riconosciuto un concorso di colpa della vittima, condannava il conducente in solido con il proprio assicuratore al risarcimento del danno patito dagli attori sia in proprio che in qualità di eredi.

            La Corte d’appello di Catania riduceva la percentuale di responsabilità del danneggiante al 25%, dando maggior peso all’apporto dato dalla condotta colpevole della vittima. Nel procedere al calcolo del risarcimento del danno riteneva di liquidarlo ristorando integralmente i danni patiti iure proprio (es. spese funerarie, danno da perdita del rapporto parentale) e decurtando quelli subiti iure hereditatis (es. danno da lucida agonia, danno catastrofale, danno tanatologico).

            Il risarcimento del danno catastrofale, infatti, può essere fatto valere iure hereditatis a condizione che sia effettivamente entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte (v. Cass. n. 6754/2011); ciò significa che la persona offesa doveva essere vigile e cosciente, quantomeno per un breve lasso di tempo, nel periodo intercorrente fra le lesioni subite e l’evento morte.

            Avverso questa pronuncia, i prossimi congiunti proponevano ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, si discosta dall’orientamento interpretativo minoritario secondo il quale l’art. 1227 co. 1 c.c. si fonderebbe sul principio di autoresponsabilità, in forza del quale la colpa del danneggiato viene intesa come criterio di imputazione del fatto, la cui conseguenza pratica è costituita dal fatto che la riduzione opererebbe solo per il risarcimento del danno iure hereditatis, e non per il danno proprio dei congiunti.

            Al contrario, i Giudici di legittimità affermano che “il risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti della persona deceduta per colpa altrui deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di contributo causale all’evento dannoso ascrivibile al comportamento colposo della vittima”, confermando di aderire all’impostazione maggioritaria sull’argomento, in forza del quale l’art. 1227 co. 1 c.c. viene considerato corollario del principio di causalità.

            Secondo questa impostazione, il danneggiante non può farsi carico di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile, secondo il paradigma della causalità del diritto civile, la quale conferisce rilevanza alla concausa umana colposa.

            La Corte di Cassazione ritiene che, nonostante la tesi minoritaria identifichi il fondamento dell’art. 1227, comma 1, c.c., nel principio di autoresponsabilità, la norma in analisi costituisca applicazione dei principi della causalità e del funzionamento del nesso causale. 

            Secondo questa tesi, tale norma è un criterio di selezione della rilevanza delle concause ai fini del risarcimento. In quest’ottica, non solo il danno iure hereditatis, ma anche quello iure proprio deve essere decurtato in proporzione della percentuale di colpa ascrivibile al fatto della vittima.

            Principio che trova applicazione anche nei confronti dei congiunti del danneggiato i quali, in relazione agli effetti riflessi che l’evento di danno subito proietta su di essi, agiscano per ottenere il risarcimento dei danni iure proprio, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia contribuito, con la propria condotta, al verificarsi del pregiudizio.

            La Cassazione conferma, tra l’altro, l’orientamento secondo cui l’uccisione di un prossimo congiunto dà luogo ad un danno non patrimoniale consistente nella perdita del rapporto parentale quando colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, con possibilità per il Giudice di aumentare i valori monetari delle tabelle adottate dall’ufficio giudiziario “solo in presenza di situazioni di fatto che si discostino in modo apprezzabile da quelle ordinarie”, nonché l’unitarietà del danno non patrimoniale e, conformemente all’orientamento cristallizzato dalle Sezioni Unite n. 15350 del 22.07.2015, la irrisarcibilità iure hereditatis del danno tanatologico. 

Cagliari, 01.06.2017

Avv. Francesca Mannai

Studio Legale Farris & Aresti